Data: 30/04/2019 - Anno: 25 - Numero: 1 - Pagina: 23 - INDIETRO - INDICE - AVANTI
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AUTORE: Vincenzo Squillacioti (Altri articoli dell'autore)
“Si parva licet…”. E sì! Sarebbe illecita, da parte mia, la benché minima pretesa di recensire un libro del professore Antonio Barbuto, già docente di Storia della Critica Letteraria a Roma. Un libro di poesia, poi! Sarebbe veramente un incoerente azzardo per chi ha sempre detto e scritto che la poesia attiene unicamente, quasi, alla sfera personale di chi la scrive, perché veicola, la poesia che merita questo nome, emozioni che non sempre altri possono recepire ed eventualmente gradire. Ecco. Il professore Barbuto, per il rapporto amicale che ci lega, mi partecipa da anni le sue composizioni poetiche che intercala, sempre più spesso in questi ultimi anni, tra le sue lunghe e appassionate letture di pregevoli opere, in italiano, in francese, in latino,… Ho modo, pertanto, di non fermarmi, nel leggerlo, alla sola prosa dei numerosi Saggi sulla Letteratura calabrese che scrive per “La Radice”. Ora questo libro, che raccoglie tutta la sua produzione poetica, compreso L’alibi del clown stampato nel 2011 per volontà di un gruppo di amici. In questo del 2019, anch’esso estorto dall’insistenza di alcuni amici e congiunti, leggo con rinnovato interesse le poesie che già conosco, e con letteraria curiosità le nuove. Devo dire, anzitutto che rari sono gli scritti in cui la parola siede sul trono più alto della composizione. In questi versi la parola non è soltanto il significante del contenuto, o è finalizzata ala sia pur necessaria creazione del ritmo e dell’eufonia, ma ha soprattutto lo scopo di cesellare finemente un vissuto o un non vissuto, un sogno, un ricordo, una visione, un’illusione,… Ogni parola, pertanto “…è al suo posto, è perfetta, felice, meditata, genuina. Ogni parola è finzione e, allo stesso tempo, vera, autentica, commovente.”, come annota il Prefatore. E ciò per raccontare liricamente la sua fedeltà ai libri, l’assenza del padre quale radice inesorabile di mancamenti, l’alternarsi delle speranze, l’incatenamento a Canale kilometrotre, le partenze senza ritorno, gli sconforti, le allegrie, le lontananze, le incurvature,… La poesia di Antonio Barbuto è un lungo composito e non sempre rettilineo viaggio; è una continua appassionata e non sempre gioiosa ricerca di vita vissuta, reale, sognata. Con la fondata speranza che non me ne vorrà il magnifico amico professore Barbuto per avere io tanto osato trattando della sua Poesia, entrando così in un ambito tanto importante quanto delicato, lo ringrazio ancora per il gradito omaggio del volume e per la dedica che l’accompagna. Vincenzo Squillacioti |